Gloriya Sadykova, giovane artista kazaka, ci parla del rapporto arte, ispirazione e scienza
Gloriya Sadykova, giovane artista kazaka ed è figlia d’arte. “Mio padre - ricorda Gloriya - era pittore e, da bambina, mi portava nel suo enorme laboratorio creativo; là m'insegnava a guardare il mondo in modo artistico e io mi sentivo come in una fiaba. Ero affascinata dai colori e dalle dimensioni imponenti delle sue opere. Posso quindi affermare che mio padre sia stato il mio primo maestro”.

D. Gloriya, parliamo appunto della tua arte: qual è la sua principale caratteristica?
R. La principale caratteristica della mia arte è la libertà. Libertà non solo espressiva ma soprattutto tematica: per me è fondamentale – nell’arte come nella vita – non farsi mai etichettare per non avere pregiudizi limitanti; per questo motivo nei miei quadri lo sfondo non ha linee di demarcazione, non c'è un confine fra cielo e terra, e anche l'assenza di cornice produce una sensazione di spazio infinito.

D. L’arte, del resto, che cos’è se non una porta verso l’infinito? Sono parole di Josef Ratzinger, Papa emerito, grande estimatore d’arte. Ma parliamo anzitutto delle tecniche innovative che usi.
R. Io realizzo le mie opere su supporti di vario genere. Nei miei quadri trasferisco l'energia che percepisco dal soggetto che rappresento, sia esso una natura morta, o un paesaggio, o un ritratto; poi elaboro tutto, senza avere un’idea predefinita ma con una tecnica che somiglia molto al cartone animato. Per questo motivo, il mio, è un impegnativo lavoro tecnico di sovrapposizioni di strati, lungo e meticoloso che, nella fase finale, diventa anche un sensibile affinamento da alchimista, perché uso la resina epossidica: è un liquido estremamente versatile, un bicomponente brillante che rende tutto vagamente magico, come un sogno o una favola.

D. Che effetto si produce, così, sui tuoi lavori?
R. I miei lavori, anche se sono ovviamente legati a materiali concreti, sono molto surreali, perché io dipingo una natura trasfigurata, che mi piace definire "realtà aumentata"; la mia è una tecnica emozionale e anche chi ha scarso interesse o poca sensibilità non può fare a meno di osservare anziché, distrattamente, soltanto guardare.

D. Con queste tecniche, realizzi anche ritratti?
R. Certamente. Però il mio è inizialmente un approccio emotivo: devo conoscere la persona di cui faccio il ritratto, per poter fissare un'immagine di ciò che ha dentro di sé, il suo mondo interiore.

D. E quali sono altre tue creazioni?
R. Mi dedico già da tempo anche al design di interni e ho avviato una collaborazione con alcuni creatori di moda, per decorare alcune loro collezioni con miei gioielli di resina epossidica.

D. Ma qual è esattamente il tuo background culturale, l’humus da cui nasce la tua arte?
R. La mia è una famiglia di artisti e nella nostra casa tutto era artistico, persino i mobili fatti a mano dai miei genitori, la carta da parati dipinta, le decorazioni delle stanze e il giardino, di cui mia madre era la fata dal pollice verde; era ovvio che noi figli fossimo influenzati da questo mondo circostante. I miei, dunque, hanno sollecitato la nostra curiosità e senza porci dei limiti, ed è per questo che io da adulta, cercando quotidianamente nuovi stimoli, ho incontrato la "genetica quantistica".

D. Tema davvero complesso: parliamone un attimo.
R. Con piacere. La genetica quantistica, è stata ideata da un famoso genetista molecolare, che ha stabilito i canoni di una nuova disciplina scientifica, la quale ci spiega come avviene a livello molecolare la nostra percezione di tutto ciò che è intorno a noi, nello spazio sensibile e sovrasensibile. Secondo questa teoria, il nostro DNA non è solo un archivio così come considerato dalla scienza classica, ma è come un "cervello autonomo", in grado di recepire, elaborare e organizzare i segnali che provengono dal mondo esterno.

D. Sì, ma che c’entra tutto questo con l’arte?
R. La stessa genetica quantistica studia l'applicazione del concetto di frattale. Il frattale, è un elemento geometrico che ripete la sua struttura su scale diverse. Se noi applichiamo questo concetto alla genetica, vediamo che ogni cellula, regolata dal DNA individuale, contiene in sé una rappresentazione in scala dell'Universo stesso. Senza alcuna pretesa accademica, posso affermare, che ogni religione, per questo motivo, parla della creazione dell'essere umano come essere che include nel suo infinitamente piccolo, l'infinitamente grande, e questo concetto influenza il mio modo di dipingere. Lo avevo percepito, in modo totalmente irrazionale, fin da bambina, quando vivevo in Kazakistan.

D. Gloriya, parliamo appunto della tua arte: qual è la sua principale caratteristica?
R. La principale caratteristica della mia arte è la libertà. Libertà non solo espressiva ma soprattutto tematica: per me è fondamentale – nell’arte come nella vita – non farsi mai etichettare per non avere pregiudizi limitanti; per questo motivo nei miei quadri lo sfondo non ha linee di demarcazione, non c'è un confine fra cielo e terra, e anche l'assenza di cornice produce una sensazione di spazio infinito.

D. L’arte, del resto, che cos’è se non una porta verso l’infinito? Sono parole di Josef Ratzinger, Papa emerito, grande estimatore d’arte. Ma parliamo anzitutto delle tecniche innovative che usi.
R. Io realizzo le mie opere su supporti di vario genere. Nei miei quadri trasferisco l'energia che percepisco dal soggetto che rappresento, sia esso una natura morta, o un paesaggio, o un ritratto; poi elaboro tutto, senza avere un’idea predefinita ma con una tecnica che somiglia molto al cartone animato. Per questo motivo, il mio, è un impegnativo lavoro tecnico di sovrapposizioni di strati, lungo e meticoloso che, nella fase finale, diventa anche un sensibile affinamento da alchimista, perché uso la resina epossidica: è un liquido estremamente versatile, un bicomponente brillante che rende tutto vagamente magico, come un sogno o una favola.

D. Che effetto si produce, così, sui tuoi lavori?
R. I miei lavori, anche se sono ovviamente legati a materiali concreti, sono molto surreali, perché io dipingo una natura trasfigurata, che mi piace definire "realtà aumentata"; la mia è una tecnica emozionale e anche chi ha scarso interesse o poca sensibilità non può fare a meno di osservare anziché, distrattamente, soltanto guardare.

D. Con queste tecniche, realizzi anche ritratti?
R. Certamente. Però il mio è inizialmente un approccio emotivo: devo conoscere la persona di cui faccio il ritratto, per poter fissare un'immagine di ciò che ha dentro di sé, il suo mondo interiore.

D. E quali sono altre tue creazioni?
R. Mi dedico già da tempo anche al design di interni e ho avviato una collaborazione con alcuni creatori di moda, per decorare alcune loro collezioni con miei gioielli di resina epossidica.

D. Ma qual è esattamente il tuo background culturale, l’humus da cui nasce la tua arte?
R. La mia è una famiglia di artisti e nella nostra casa tutto era artistico, persino i mobili fatti a mano dai miei genitori, la carta da parati dipinta, le decorazioni delle stanze e il giardino, di cui mia madre era la fata dal pollice verde; era ovvio che noi figli fossimo influenzati da questo mondo circostante. I miei, dunque, hanno sollecitato la nostra curiosità e senza porci dei limiti, ed è per questo che io da adulta, cercando quotidianamente nuovi stimoli, ho incontrato la "genetica quantistica".

D. Tema davvero complesso: parliamone un attimo.
R. Con piacere. La genetica quantistica, è stata ideata da un famoso genetista molecolare, che ha stabilito i canoni di una nuova disciplina scientifica, la quale ci spiega come avviene a livello molecolare la nostra percezione di tutto ciò che è intorno a noi, nello spazio sensibile e sovrasensibile. Secondo questa teoria, il nostro DNA non è solo un archivio così come considerato dalla scienza classica, ma è come un "cervello autonomo", in grado di recepire, elaborare e organizzare i segnali che provengono dal mondo esterno.

D. Sì, ma che c’entra tutto questo con l’arte?
R. La stessa genetica quantistica studia l'applicazione del concetto di frattale. Il frattale, è un elemento geometrico che ripete la sua struttura su scale diverse. Se noi applichiamo questo concetto alla genetica, vediamo che ogni cellula, regolata dal DNA individuale, contiene in sé una rappresentazione in scala dell'Universo stesso. Senza alcuna pretesa accademica, posso affermare, che ogni religione, per questo motivo, parla della creazione dell'essere umano come essere che include nel suo infinitamente piccolo, l'infinitamente grande, e questo concetto influenza il mio modo di dipingere. Lo avevo percepito, in modo totalmente irrazionale, fin da bambina, quando vivevo in Kazakistan.